venerdì 6 marzo 2020

l'ultima vittoria ateniese

La guerra proseguì  con Atene impegnata nel Bosforo (per garantire i rifornimenti di grano) e nella Ionia. 

Nel 407 a.C. gli spartani vinsero a Nozio, nei pressi di Efeso e Alcibiade fu sostituito con Conone che, nel 406 a.C. conseguì l'ultima grande vittoria degli ateniesi alle Arginuse.

Il processo agli strateghi

L’accusa che venne loro rivolta fu quella di aver lasciato annegare i naufraghi delle venticinque navi ateniesi che, nonostante la brillante vittoria. Furono circa un migliaio i marinai, che trovarono la morte a causa delle mancate operazioni di soccorso. In realtà, il mancato soccorso ai naufraghi era stato provocato dal sopraggiungere improvviso di una tempesta, che lo aveva reso materialmente impossibile, oltre che da un probabile malinteso fra gli strateghi e i due



Battaglia delle Arginuse (406 a.C.)

trierarchi da essi specificamente incaricati delle operazioni di salvataggio: due uomini politici abili e molto popolari, quali Trasibulo e Teramene. Quanti si oppongono, all’irregolarità in cui si svolge il procedimento, vengono zittiti al grido di: “non si può impedire al popolo di fare ciò che vuole”. Alla fine, i pritani convalidano la messa a morte degli strateghi richiesta dall’assemblea, l’unico a opporsi è Socrate che, invano, cerca di riportare la folla alla moderazione. Con una tale presa di posizione non è impensabile che il filosofo si sia attirato degli odi implacabili, che, in seguito, sarebbero riemersi nel corso del processo intentato a suo carico con l’accusa di empietà e di corruzione dei giovani, processo che è ben noto come sia andato a finire. Alla descrizione del processo delle Arginuse Senofonte dedica un racconto ampio e particolareggiato nel VII capitolo del I libro delle Elleniche, un racconto la cui ricchezza di particolari e precisione ha fatto pensare che Senofonte avesse assistito al processo ed avesse ricordi personali o che avesse davanti gli appunti di Tucidide.

Il processo che si svolse nell’autunno del 406  rappresentò una svolta decisiva nella guerra del Peloponneso: con esso Atene, che dopo il disastro di Sicilia del 413 e il colpo di stato oligarchico del 411 aveva recuperato in pochi anni forze e prestigio, tornando alla vittoria sul piano militare e restaurando all’interno la democrazia, si privò, con un tragico errore giudiziario, di uomini che erano, nello stesso tempo, i suoi migliori strateghi e i più fedeli sostenitori della democrazia, dette così un colpo gravissimo al morale delle ciurme impegnate nella guerra.

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