martedì 10 marzo 2020

I Persiani di Eschilo

La vicenda dei Persiani

La scena è ambientata a Susa, capitale dell’impero persiano. Entra un coro di vecchi: sono gli uomini superstiti, poiché Serse ha condotto tutto il suo esercito a combattere in Grecia. Sopraggiunge Atossa, madre di Serse e vedova del re Dario; è lei a evocare dall’Ade l’ombra del defunto re e pronuncia un severo giudizio contro Serse, colpevole di smisurata superbia.Un messaggero riferisce che la flotta persiana è stata annientata dagli Ateniesi nella battaglia di Salamina. Il mare è coperto di cadaveri e di relitti, la guerra è perduta. Serse è vivo, ma è sconfitto e umiliato.

La doppia prospettiva di Eschilo

L’aspetto innovativo della tragedia di Eschilo, che diviene un exemplum nel panorama tragico, è la scelta di inquadrare un dramma nella prospettiva dei nemici e degli sconfitti, rinunciando a rappresentare l’uomo persiano come un barbaro da deridere o da odiare. La voce di Eschilo si leva ad innalzare il ruolo egemonico che la potenza Ateniese aveva assunto tra le città greche, ma anche a commiserare la sconfitta dei Persiani, un popolo sofferente per la colpa del proprio capo, di cui la popolazione è costretta a espiare le sue colpe.


La colpa di Serse:  la ὕβϱις di un capo persiano

Eschilo inserisce la vicende in un contesto assai fosco e tetro, ove operano delle forze segrete e oscure: l’accecamento, che impedisce al capo persiano di scorgere il suo destino, cadendo nel baratro della sconfitta, e la prevaricazione, che attira la punizione divina.

Al centro del teatro eschileo è posto interrogativo sull’agire dell’essere umano, sulla sua sofferenza e se questa condizione sia intrinseca alla specie umana oppure se derivi da un forza esterna. A mettere in luce le motivazioni degli eventi umani, in relazione alla sfera della giustizia e del rapporto con la divinità, è lo spettro di Dario, padre di Serse, evocato dalla regina Atossa. 

[…] E CERTAMENTE, QUANDO UNO SMANIA DI AGIRE ,ANCHE IL DIO COOPERA; COSÌ ORA SI È SCOPERTA  LA SORGENTE DEI MALI PER TUTTI I MIEI CARI.[…] E LUI MORTALE SI ILLUSE NELLA SUA STOLIDITÀ DI DOMINARE POSEIDONE E I NUMI TUTTI.”( TRAD. F. FERRARI)

 La ὕβϱις di cui si è macchiato Serse non è diversa dalla colpa di qualunque eroe tragico; poiché egli è cieco di fronte ai limiti dell’agire umano e che porta con sé la punizione da parte degli dèi.

La legge degli dèi

Zeus, padre degli dèi, è garante di una nuova legge: la giustizia (δίκη). Tale forza spiega la causalità degli avvenimenti, apparentemente inspiegabile, che regola la colpa e la punizione.
 La colpa di Serse è quella di valicare le leggi imposte dagli dèi, oltrepassando i limiti dell’essere umano. Ciò suscita l’invidia da parte della divinità (φθόνος τῶν  θεῶν) , una divinità invidiosa del potere degli uomini e che, capricciosamente, decide di punire l’arroganza dell’uomo.
 La condizione umana dell’essere vivente è la sofferenza. Attraverso il processo del dolore, l’uomo matura la propria conoscenza (πάθει μάθος; impara attraverso la sofferenza): è consapevole di una “norma alta” che governa il mondo , tramando alle spalle dell’uomo, impedendogli uno spiraglio a un suo possibile riscatto.

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